Come rendere vantaggioso un viaggio verso gli asteroidi

Dopo aver concluso il primo articolo, più romanzato e filosofico, capace di descrivere in un’ottica estremamente umana come e perché dobbiamo pensare di alzare lo sguardo, trovo una certa difficoltà inizialmente a partire con la prima vera tappa del viaggio verso la realizzazione dell’obiettivo: un futuro che preveda l’utilizzo delle risorse spaziali per l’umanità.

In effetti, dietro ogni grande sogno e dietro ogni idea rivoluzionaria devono poter trovare spazio anche numeri e dati concreti che possano indicare una effettiva realizzabilità del progetto, nonostante io sia consapevole che certe misure e certi calcoli non solo potrebbero essere sconosciuti, bensì persino controproducenti per la comprensione da parte di un lettore che possa derivare da altri campi di interesse.

La domanda risulta quindi essere: come posso rendere l’idea di quanto sia difficile e di come debba essere strutturata una missione, rappresentando i dati che potremmo incontrare, ma senza appesantire il discorso? La risposta non la conosco, ma come si dice in Silicon valley: la soluzione siete voi, cari lettori, alla fine del testo, quando capirete se le nozioni che vi ho fornito sono state efficaci e se avete compreso a pieno tutti i rischi di questo nuovo mestiere. Cercherò ad ogni modo una via semplice per passare i concetti che sono presenti nella mia mente.

Decidiamo di porci dal punto di vista di quell’imprenditore di cui abbiamo parlato in precedenza, nel primo articolo, il quale ora deve poter creare una strategia conveniente per il suo progetto e quindi deve poter prevedere una missione che possa in qualche modo portare un risultato tangibile.

La prima domanda che salta all’occhio è quindi: dove andiamo a prelevare materiale?

Si perché a ben vedere, nell’intero sistema solare, gli asteroidi sono presenti in quantità paragonabili a formiche in un formicaio: sono ovunque. Non solo li possiamo trovare in ogni dove, bensì hanno dimensioni di ogni genere; dal più minuscolo con un diametro di meno di quattro metri fino al grandissimo Ceres, che possiede un diametro medio capace di superare i 900 km. Vi mostro una illustrazione per aiutarvi a capire meglio il concetto:

asteroide_1

Piccola nota di merito: lo sapevate che di recente alla famiglia dei satelliti naturali della Terra si è aggiunto un piccoletto dallo spazio esterno, e questo è proprio raffigurato nella immagine precedente? Si chiama 2006rh120 e segue la Terra ad una distanza di poche decine di centinaia di migliaia di chilometri. Praticamente dietro l’angolo. Peccato che il diametro non superi i 4 metri.

Ad ogni modo: non solo è necessaria una distinzione in misure di volume, che comunque implica una spinta richiesta ai motori sempre maggiore al crescere delle dimensioni da spostare, bensì serve capire anche le orbite sulle quali questi si trovano. Ovviamente non possiamo pensare di andare ai confini del sistema solare a prelevare una roccia solo perché questa ci piace. La distanza è troppa, quindi il quantitativo di carburante necessario per l’accelerazione fino a tali luoghi (ovvero per contrastare l’attrazione del sole) diventa spropositato e economicamente non sostenibile.

Vogliamo fare un paragone? Se abito a Torino, non parto con una Ferrari per andare a comprare la spesa a Roma. Non conviene.

Abbiamo allora eliminato già una grande parte degli asteroidi che sono quelli con distanze superiori a 2,3 AU. AU è un acronimo che sta per Astronomic Unit ed è usata per confrontare una distanza tra un generico punto dal sole con la distanza Terra-Sole: 149 000 000 km.

In pratica se l’asteroide mantiene un orbita che non consente allo stesso di potersi avvicinare al di sotto dei 342 000 000 km non è conveniente avvicinarsi per il fatto che una sonda media richiederebbe quantità di carburante proibitive (si parla di tonnellate, per intenderci).

Chiariamoci, arrivare a 342 000 000 km meno 1 km non conviene lo stesso. Non si può proprio nemmeno così, ma l’astronomia è bella e ci consente di poter immaginare di inviare una sonda anche qualora l’obiettivo, in un dato momento del proprio percorso periodico, possa effettivamente trovarsi così lontano dalla nostra Terra. Su che cosa giochiamo? Sugli asteroidi che possano seguire un circuito dall’elevata eccentricità, che detto così ti lascia capire tutto e niente; ne sono consapevole e cercherò nella prossima illustrazione un modo rapido per aiutarti a capire ciò di cui sto parlando.

Vai in cucina e prendi un uovo; in seguito cerca qualcosa che sia una sfera perfetta (se giochi a calcetto ti basterà usare un pallone); in fine poni i due oggetti a confronto nel seguente modo:

 unovo_pallone

Cosa possiamo notare dalla figura precedente? Che l’uovo è un cerchio schiacciato. Se volessimo dirla ancora meglio: un cerchio allungato. Come viene “tirato” il perimetro del uovo fino a farlo divenire una ellisse, pensiamo che anche il centro venga stirato e che in questo modo si separi creando due punti (indicati in rosso) chiamati fuochi dell’ellisse.

Non è che nel cerchio non ci siano due fuochi, ma semplicemente questi coincidono nel centro e appaiono come uno solo. Ad ogni modo ogni sonda o satellite che si sposti su un cerchio, ruota attorno al suo centro; ogni sonda che viaggi su una ellisse ruota attorno ad uno solo dei suoi due fuochi. (Fai attenzione che questo è molto importante). Grazie a questo fenomeno, nonostante sia facile capire dalla figura precedente che le dimensioni massime tra i due percorsi rossi siano le stesse, la sonda che circola sull’ellisse arriverà molto più vicina al fuoco, di quanto la sonda sul cerchio si avvicini al suo centro. Dimensioni massime confrontabili, ma sull’ellisse l’oggetto orbitante passa più vicino a un dei suoi centri. Cosa penseresti, se aggiungessi che possiamo considerare uno dei due fuochi coincidenti con la Terra? O con il Sole?

Semplicemente, che l’asteroide in analisi può effettivamente sorvolare a distanze ridotte la porzione di spazio interessata dal nostro pianeta, prima di riportarsi alla quota di 2,3AU. Il gioco è fatto!

A tal proposito mi piace sempre giocare quando ho i cinque minuti liberi nell’arco della mia giornata, a cacciare gli asteroidi che più si avvicinano al nostro pianeta, seppur per un lasso di tempo ridotto. Di strumenti che possano compiacere al mio scopo di cacciatore di stelle ne esistono ogni dove. Lascio due link per i più geek di voi, nel caso vogliate cimentarvi in tale pratica come me; Scherzo: in realtà li uso proprio per mostrarvi la differenza tra i vari tipi di orbite che possiamo trovare nel sistema solare.

Link 1 – The Sky live – 3d Solar System Simulator

Link 2 – Asterank – Asteroid data view

Il primo esempio raffigura un NEA: Near Earth Asteroid, in rosso affiancato alla terra azzurra.

sistema_1

Il secondo esempio rappresenta invece uno dei peggiori obiettivi nel caso in cui qualcuno di voi voglia cimentarsi nel recupero degli asteroidi.

sistema_2

Se avete compreso quanto ho detto fino ad ora, allora avrete anche notato la differenza di vicinanza tra le due traiettorie viola rispetto alla traiettoria terrestre (azzurra) così da aver capito quanto è più semplice raggiungere il primo, il quale sorvola la terra ad appena 20 000 000 km di distanza, rispetto al secondo (più di 100 000 000 km). Ciò significa che se la vostra auto, a fine vita, è riuscita a raggiungere la fatidica soglia dei 200000km, siete già arrivati all’1% del tragitto totale per raggiungere il più vicino dei due, e vi basterà cambiarla altre 100 volte per raggiungere la meta. Buona fortuna.

A parte scherzi, questa stima è particolarmente errata per il fatto che nello spazio non si viaggia in linea retta bensì su traiettorie curve, portando a pensare che anche il più vicino asteroide dei due presentati può essere raggiunto solo dopo un volo curvo che duri almeno 1,5 anni e che conteggi circa 180 000 000 km. A questo punto l’auto dovreste cambiarla 1000 volte.

Tornando ad essere seri, è ovvio che sono presenti certe altre vie che consentono al uomo di raggiungere questi punti del sistema solare, come molto spesso è già stato fatto attraverso sonde automatiche capaci di fare da occhio per noi che rimaniamo con i piedi per terra. Sappiamo tutti dell’esistenza dei lanciatori spaziali che sono quelle grandi torri altissime che volano in verticale e fungono da ascensore per il materiale nascosto all’interno. Il problema purtroppo non viene ancora risolto perché è vero che anche se non si può andare con la propria auto personale, esistono questi veicoli molto particolari e capaci di tutto, ma è anche vero che accenderli è una pratica costosa oltre ogni limite immaginabile!

Pensate di voler raggiungere la ISS e ragionate su quanto vi sto per dire, così da avere una migliore idea riguardo alla cifra che dovreste spendere per arrivare a quota 350km. Il costo medio di un lancio si aggira attorno ai 10000€ al chilo di peso trasportato. Provate a conteggiare quanti soldi dovreste investire per arrivare ad una quota così piccola (rispetto a quelle alle quali troviamo gli asteroidi); Io personalmente dovrei spendere 800000€ per concedermi la vista della terra da tale altezza. (Più 20000€ per portarmi anche la tuta)

Non per questo gli enti preposti allo scopo decidono di lasciar perdere l’idea e di abbandonare così tanto materiale lassù, nei cieli. L’ultima sonda partita verso un asteroide è di poche settimane fa è prevede il raggiungimento dell’asteroide Bennu da parte della missione NASA, Osiris-Rex. L’obiettivo è riportare a terra un peso massimo di 2 kg di asteroide per futuri studi sulla composizione dello stesso.

Provate a dire quanto sono disposti a pagare quel pezzetto di roccia, sapendo il costo medio dei lanci e apprendendo che la sonda in questione ha un peso al decollo di 2000 kg. (ATTENZIONE: sto contando solo il costo del lancio…non di produzione progettazione e test della sonda)

Esattamente 10000€ per ogni grammo di asteroide che possono ottenere. Per intenderci: se qualcuno di voi è sposato sappia che la fede che porta al dito, se fosse creata con materiale di densità pari a quella del materiale presente su Bennu, potrebbe pesare circa 1 grammo con un costo finale capace di oltrepassare di gran lunga i 15000€.

In conclusione: dopo questa enorme carrellata di costi e di numeri capaci di sfondare le migliori intenzioni di chiunque voglia improvvisarsi esploratore nella nuova corsa all’oro 2.0, come possiamo rendere il viaggio economicamente sostenibile?

Come ho detto in precedenza: l’astronomia è bella, e molti aiuti arriverebbero proprio da dove noi crediamo ci sia il vuoto eterno; dallo spazio. A tal proposito voglio chiudere il discorso riguardante il viaggio verso l’asteroide, con due pratiche consuete nel mondo delle esplorazioni spaziali chiamate rispettivamente Flyby o fionda gravitazionale, e utilizzo della pressione solare.

La fionda gravitazionale è generalmente considerabile come Mr. Wolf in Pulp Fiction, come la provvidenza nei promessi sposi, specialmente quando il pianeta da cui le sonde partono, possiede un astro che vi ruota attorno come la Luna per la Terra. Riduce i costi del carburante, amplifica le distanze dei viaggi; insomma: ci piace davvero tanto.

Quando una sonda riesce a raggiungere e ad avvicinarsi abbastanza ad un corpo celeste, risente dell’attrazione gravitazionale di questo. (Ovviamente non è casuale e le missioni partono nei tempi giusti e con le direzioni corrette affinché queste situazioni si verifichino) essendo attratta dal pianeta, piuttosto che dal satellite naturale in questione, la sonda ottiene una ulteriore spinta che permette alla stessa di incrementare il valore della propria velocità rispetto al centro attorno al quale sta ruotando; nel caso del sistema solare si può pensare al sole come il centro.

L’effetto persiste fintanto che la sonda non supera il pianeta “acceleratore” ed una volta superato quest’ultimo, l’incremento di velocità e l’aumento di distanza dal sole derivante dalla aggiunta di forza centrifuga, fanno in modo che l’azione frenante dello stesso corpo che in precedenza era riuscito a spingere la sonda, interessi un tempo minore di quello che era stato considerato per la fase di accelerazione. Con grande stupore di tutti troviamo quindi una velocità finale che a titolo del tutto gratuito aumenta per il solo gioco delle attrazioni gravitazionali di due oggetti affiancati. La scienza ringrazia.

Il sistema del flyby è ampliamente usato per esempio quando viene sfruttato il passaggio delle sonde attorno alla Luna, la quale le accelera verso lo spazio profondo con una velocità che altrimenti sarebbe ottenibile con ulteriori quantità di carburante. Non dimentichiamo in effetti che portare più carburante non è solo un costo riguardante l’acquisto dello stesso, ma un incremento dell’investimento anche per il lancio che prevede più chili in partenza.

La seconda azione in gioco che noi tecnici apprezziamo molto è la pressione solare. Il fatto che la luce non sia solo luce in quanto tale, ma che possa assumere le forme di materia capace di urtare una vela e di spingerla costituisce una fonte di studi e di ricerche che in futuro potranno conferire grandi risultati in termini di propulsione spaziale a costo zero. L’idea che ogni fotone irradiato dal sole possa spingere il veicolo che creiamo per i viaggi spaziali sempre più lontano dal centro, apre scenari di risparmio di carburante, di elevati incrementi di velocità, di distanze altrimenti irraggiungibili senza eguali.

Purtroppo l’effetto è fievole e le accelerazioni in gioco sono illimitatamente basse, ma se si pensa che una sonda ruota attorno al sole per almeno tre anni (durante missioni di questo genere) effettivamente l’incremento nella quantità di aiuto fornite da questo fenomeno crescono notevolmente.

Sarebbe opportuno, infatti, parlare di impulso totale e non solo di spinta che questo effetto può generare proprio perché sebbene la spinta sia molto fievole, l’impulso totale (il quale rappresenta la spinta moltiplicata per il tempo totale) crescerebbe notevolmente. Considerando che l’impulso totale viene calcolato in secondi, per tre anni di operazioni nello spazio dovremmo moltiplicare la spinta per una cifra che si attesta attorno ai 94 000 000 secondi durante i quali questa agisce. Notevole, vero?

Ora, la domanda chiave e conclusiva per quanto concerne il discorso di questa seconda tappa è: con mille di queste fatiche e di questi impedimenti, con un costo iniziale elevatissimo e difficoltà tecniche nella gestione delle operazioni senza eguali nella storia dell’evoluzione del uomo, cosa dovremmo trovare lassù di così inestimabile valore perché valga tanto la pena di partire? Con limitate capacità di serbatoi e basse efficienze di motori spaziali, per creare un futuro come quello descritto nel primo articolo riguardante la nostra misssione, quanti viaggi si dovrebbero sostenere per arrivare a risultati tangibili per l’umanità?

A ben vedere, le risposte presenti in questo secondo foglio del nostro diario di bordo sono al quanto limitanti e non possiamo ancora possedere tutte le informazioni per giustificare la creazione di una società spaziale basata sulle risorse esterne al nostro mondo. Serve arrivare a contatto con questi massi orbitanti, osservarli, decifrarli. Abbiamo bisogno di altri tipi di risposte che sappiamo essere presenti solo nel cielo: oltre agli strumenti per compiere il viaggio badiamo bene a riempire la nostra sonda di equipaggiamenti di studio per gli asteroidi, perché nella terza tappa scopriremo finalmente cosa questi potrebbero trovare una volta avvicinate queste enormi miniere volanti. Forse allora, i vantaggi scoperti potranno giustificare i tempi immensi e le grandi difficoltà richieste.

Al prossimo capitolo!

Rileggi il primo capitolo del viaggio