E’ un percorso di informazione e discussione, nato in Francia nel 1995, su un’opera di interesse generale che permette al proponente di far emergere le osservazioni e le proposte sul progetto da parte di una pluralità di attori, anche singoli cittadini. Le fasi fondamentali, con cui si mette in atto un dibattito pubblico, presentazione pubblica del progetto, discussione aperta, conclusione del processo con una relazione finale e diffusione dell’informazione, rispondono alla crescente conflittualità delle comunità locali verso le grandi opere.
Un-Habitat è l’ufficio dell’Onu che decide i programmi, progetti e le politiche che riguardano la qualità della vita degli insediamenti umani, cioè il dove e come vivono le persone con particolare attenzione per quelle che vivono nelle città che sono il 60% della popolazione mondiale. Le donne possono essere considerate consumatrici esperte della città ma prime vittime assieme ai vecchi e ai bambini della disorganizzazione urbana. L’A.G.G.I (The Advisory Group on Gender Issues) è l’organismo consultivo di Habitat ed ha il compito di valutare che siano introdotte e attuate politiche che tengano in considerazione che le città sono abitate anche dalle donne. Le città sono abitate da corpi che hanno età, capacità, abilità e quindi esigenze diverse. Compito dell’ Aggi è quello di favorire e orientare le politiche di genere, il mainstreaming cioè far sì che le esigenze delle donne, cioè lo sguardo di genere sia trasversale e presente in tutti gli i programmi, i piani, i progetti, i finanziamenti dell’Onu. Secondo Teresa Boccia, unica docente universitaria italiana a far parte dell’organismo consultivo Aggi, «La povertà è la prima forma di globalizzazione, e le donne la patiscono di più, a tutte le latitudini, una delle nostre sfide sarà quella di ridurre la povertà femminile, favorendo condizioni di sviluppo e di sicurezza urbani a misura di donna». Eppure le donne sono protagoniste dello spazio pubblico e delle città più in generale: a volte lo sono in modo autorevole; sempre più frequentemente vengono elette donne sindaco o amministratori; quasi sempre lo sono silenziosamente dentro la vita quotidiana, le scelte, le azioni. Cerchiamo di far emergere queste voci perché diventino azioni concrete nel progetto, nel governo e nella gestione dei luoghi dell’abitare.
L’Assemblea generale dell’Onu ha riconosciuto la necessità di un approccio più sostenibile per aiutare le città a crescere. Secondo Joan Clos, il direttore esecutivo di Onu-Habitat, negli ultimi venti anni l’urbanizzazione si è accelerata. Si è scoperto che essa ha un potenziale enorme ma rappresenta anche dei rischi enormi. La pianificazione urbana e lo sviluppo vanno di pari passo e sono una delle questioni strategiche enormi che il pianeta deve affrontare. Nelle città ormai vive il 54% delle popolazione mondiale, una cifra che arriverà al 66% entro il 2050. L’urbanizzazione rapida e massiva, creando più bidonville e rendendo più difficile l’accesso agli spazi pubblici, ha l’effetto di moltiplicare le sfide per le città. In questo contesto non sono secondari l’impatto negativo sull’ambiente, l’aumento della disoccupazione, delle ineguaglianze sociali, della discriminazione e della violenza. Occorre quindi migliorare la governance, la pianificazione e la progettazione urbana, così come sono necessari maggiori investimenti in alloggi adeguati ed economici, nelle infrastrutture di qualità e nei servizi di base affinché le città e gli agglomerati possano tramutarsi in una opportunità nella lotta contro la povertà e nella costruzione di società inclusive.
Il concetto di diritto alla città scaturisce dalla considerazione che i diritti fondamentali sono stati pensati in una società prevalentemente rurale e dalla percezione di un vuoto di tutela della dignità e dei diritti della cittadinanza urbana. Diritti concreti e fondamentali come lo sono il diritto alla casa, il diritto alla mobilità urbana, il diritto ai servizi pubblici locali essenziali (acqua, gas, luce) e, non da ultimo, il diritto alla sicurezza. L’idea di un diritto alla città consiste pertanto nel dritto a un accesso minimo ai servizi resi dalle città in un “dispositivo generale teso a limitare la segregazione urbana” . Le città sono divenute con il tempo il campo fertile per la crescita del germe della differenziazione e della segregazione che genera cittadinanza di serie A o di serie B. I differenti sotto-insieme delle città tendono spontaneamente a polarizzarsi: le classi più agiate vivono in quartieri dove è migliore la qualità della vita, relegando quelle più povere in contesti urbani più scadenti qualitativamente. “E’ per questo che l’idea di un diritto alla città è necessaria”, perché può risultare funzionale a ridurre questa frattura urbana”.
Comunit(Hub) è, appunto, un HUB, un fulcro, rappresenta un “concentratore” ed un nodo di smistamento di dati ed esperienze sulle azioni di rigenerazione urbana in maniera diffusa (modalità broadcasting), verso tutti gli attori coinvolti nei processi di trasformazione e di qualificazione della città contemporanea. E’ un mezzo di diffusione del pensiero e delle azioni dell’associazione che lavora per la conoscenza e l’interpretazione dei processi di trasformazione urbana e figura la città come luogo dove nascono forme sempre nuove di vita soggettiva dentro forme di vita collettiva. Comunit(Hub è collaborazione attiva per il processo di trasformazione del territorio, collegamento ibrido tra più tipologie di situazioni spaziali, trasformazioni possibili e fruitori.