Manifesto per lo Spazio Pubblico

come espressione di cittadinanza, spazio pubblico come mezzo e luogo di coinvolgimento sociale

La piazza “La sovranità appartiene al Popolo (…)” (art.1, comma 2 Cost. Italiana)

Nel 1295, Giotto inizia il ciclo di affreschi dedicato alla vita del Santo di Assisi. Nell’affresco “Rinuncia agli Averi”,  S. Francesco è raffigurato in uno dei suoi momenti più importanti. Si trova nella piazza del Comune davanti al padre, con vicino il Vescovo, e si spoglia di tutto. Nell’affresco forse più importante della Basilica superiore, “L’omaggio di un uomo semplice che stende il suo mantello davanti al Santo”, Francesco vuole cambiare il mondo ma è consapevole di essere solo. Ha bisogno di consenso e lo cerca nella piazza. Un uomo riconosce il progetto di Francesco e stende il mantello con deferenza perché riconosce in lui la bontà. L’importanza dell’affresco sta nel fatto che Francesco non cerca il consenso in una chiesa o nel palazzo ma nella piazza, la fede, così diventa un FATTO PUBBLICO. 

La piazza dipinta da Giotto è animata dal popolo che per questo diventa elemento e fatto pubblico primario, la piazza, dopo un lungo periodo di declino torna ad essere espressione del proprio tempo, luogo del mercato, si, ma soprattutto luogo e spazio politico dove le azioni e i bisogni trovano “Cittadinanza”.  Francesco (S. Francesco) e Giotto progettano la piazza nova, la piazza della rinata comunità.  La costruzione di uno spazio pubblico è innanzitutto coinvolgimento sociale, apertura, nessuna barriera per un senso comune di rappresentanza e cittadinanza e non solo.

Maggio 2013 Piazza Taksim a Istanbul, luogo simbolo dello Stato secolare in Turchia, la piazza diventa il teatro delle proteste di migliaia di persone che si affiancano ad uno gruppo di ecologisti che vogliono difendere 600 alberi di Gezi Park dallo sradicamento. I manifestanti resistono per giorni, si organizzano con tende, farmacie, punti di ristoro, una mostra e una biblioteca, sorprendendo il mondo intero. I ragazzi e le ragazze di Gezi Park vogliono dare un impulso diverso alle cose e lo fanno usando il linguaggio che è proprio dell’architettura e dell’arte. I ragazzi e le ragazze di GEZI PARK cambiano paradigma – come succede in molte altre realtà mondiali –  lo cambiano per reinterpretare in positivo i modi di pensare e di agire dei principali attori coinvolti: colui che opera scelte obiettivo sul territorio (governo e amministrazioni, professionisti del settore) e l’abitante, il fruitore, colui che nelle stesse scelte trasferisce, o almeno si attende di condividere bisogni e desideri.

Fare spazi pubblici corrisponde a creare le condizioni per un rigenerato percorso di contaminazione tra il passato, il presente e il futuro per una innovata gestione dei luoghi di incontro e contaminazione. Il futuro delle città, in particolare delle città europee, è nelle forme dell’abitare pubblico, connesso ai cambiamenti sociali, civili e culturali del nostro tempo.

La vita differenziata che la città accoglie è fenomeno educante ed informante. Imparare dalla trasformazione, dal viaggio che noi e il nostro tempo percorriamo, consente a chi è tenuto ad operare, di mettere in luce le interazioni che quotidianamente si hanno con lo spazio che ci circonda e con chi lo vive, anche nelle esperienze particolari della cittadinanza di transito.

La presenza cospicua in Italia, più che in ogni altro paese, di strade, piazze e siti monumentali, è dimostrazione che storicamente la dimensione della vita pubblica era ed è diffusa e sentita. La piazza doveva essere bella per la dignità dei cittadini e per questo veniva ornata e tutelata, come nel caso di piazza del Campo a Siena, che leggi apposite, già subito dopo la sua costruzione se ne prendono cura.

Stiamo assistendo negli ultimi tempi a una forma di SCISSIO PLEBIS, a una frattura tra le periferie del mondo e i centri di potere. Quello che accade altro non è che una domanda di partecipazione attiva. Il contesto per lo spazio pubblico inteso come riconoscimento di cittadinanza, è un CONTESTO DI RICONCILIAZIONE tra l’etica della convinzione e l’etica della responsabilità.

Accadde nella Roma del IV secolo a. C.: i plebei che reclamano gli stessi diritti dei patrizi, non ascoltati, chiusero le loro botteghe e disertarono gli eserciti dando inizio a un periodo buio di lotte. La città, le sue funzioni, le sue istituzioni intanto, languivano. Ci volle molto tempo e la lungimiranza di Quinto Ortenzio per ristabilire l’ordine a Roma: la plebe che si era ritirata sull’Aventino ottenne che le decisioni prese durante le sue assemblee valessero per tutti i cittadini romani. Le indicazioni che scaturiscono dalle esperienze attuali per definire lo spazio pubblico nell’Europa Contemporanea, ci portano a riassumere tra le criticità il riconosciuto disinteresse, delle politiche urbane, verso l’espressione di senso e di accoglienza delle forme prime di cittadinanza negli spazi urbani.

FINI PRIMI verso VALORI PRIMI, come direbbe Andrea Carandini, che riconosce negli spazi del passato espressioni di un mosaico valoriale fondamentale ed unico, perché la vita, che da sempre si rinnova, ha bisogno di una inclinazione che componga, sforzi, desideri e speranze. Occorre dare forma con azioni di metodo (perché il nostro contributo si esprime con il disegno nelle città) al Mantello di Giotto, cambio di paradigma verso il rinnovato senso di cittadinanza, che appare ormai ineludibile nei processi di rigenerazione urbana e politica di gestione dei territori. FARE SPAZIO PUBBLICO, FARE PIAZZA, ora come allora, nei luoghi dove avviene il riconoscimento reciproco appartenenza, cittadinanza e condivisione.