Dall’intervista a Farheneit – 18 settembre 2016 – durante il Festival della filosofia.
Il conflitto nella forma amico/nemico non è compatibile con la democrazia, ma può prendere anche una forma che chiamo agonistica, un confronto tra avversari, contendenti che riconoscono che il loro conflitto non può avere una soluzione razionale, ma che accettano che gli avversari possano difendere le loro posizioni.
C’è quindi uno spazio comune tra avversari che non può esistere tra nemici. E così che accettano che ci sia una certa procedura, certe regole per mettere in piedi il loro confronto. Ecco che è importante che ci sia un consenso conflittuale, ci deve essere un consenso sui principi etico politici che devono essere applicati nell’organizzazione della coesistenza. Nel caso della democrazia pluralista si tratta di libertà e uguaglianza per tutti, serve quindi un accordo su questi principi etico politici.
Ma d’altro canto, però, bisogna accettare che ci siano delle interpretazioni divergenti da questi principi etico politici. È necessario accettare che ci sia un luogo comune in cui discutere. In politica non c’è verità, bisogna accettare questo assunto, quest’idea è fondamentale e alla base della democrazia agonistica. Se si pensa che ci sia una verità in politica, il problema allora diventa mettersi d’accordo per cercare questa verità, ma questo ci fa cadere immediatamente in un modello di democrazia deliberativa che cerca di produrre un accordo razionale.
Nell’agonismo l’antagonismo non è eliminato, è soltanto sublimato, è addomesticato e questa è una questione di istituzioni. È sempre possibile che l’antagonismo esploda nuovamente, è sempre latente. Bisogna tenere insieme il conflitto senza il quale non c’è democrazia, ma che sia un conflitto non distruttivo. Tutto sta nel fatto che tutti accettino le regole del gioco, la sfida è mantenere istituzioni che permettano di non vedere un’intera comunità come nemica.